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La dignità bianconera è dignità piemontese - StelleBianconere

La dignità bianconera è dignità piemontese

Posted on: 10 Marzo 2016, by :
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Continua la rubrica dedicata al grande giornalista Vladimiro Caminiti, che si chiamerà “Camin facendo”. I pezzi sono tratti dal libro di Riccardo GAMBELLI e Roberto BECCANTINI“C’era una volta Camin”. Si tratta di una sequenza di articoli che il grande Camin pubblicò su Hurrà Juventus, e che vanno dal 1977 al 1993. La rubrica si intitolava ” Il diario di Camin”

Hurrà Juventus, dicembre 1977

Mi prende il cuore il pensiero di Curi spirato durante il match con la Juve, il 30 ottobre 1977, in un pomeriggio di pioggia nella romita città umbra. Romita per la sua storia e modernissima per la sua vicenda calcistica, segnalata da giovani imprese, tra le quali le imprese del maratoneta col cuore malato Renato Curi. Noi scriviamo Renato, non Renatino e non indulgiamo in falsa retorica. Non ci strappiamo i capelli come il Ramaccioni assurto a grossa importanza strategica nella conduzione di quel sodalizio che rimane tuttora giovane, non s’improvvisa un sodalizio di seria A e commette naturalmente errori di inesperienza.

Curi? Lo saluto da lontano. Conoscendolo poco la mia tristezza si rivolge piuttosto a certe enormità dell’ambiente che consentono il sacrificio di giovani vite.

Un zero a zero di Madama Juventus impressionata da questo lutto e poi la partita della delusione, 1 a 1 in casa contro l’Atalanta.

Parliamone.

Può mai la Juventus impacciarsi a tal punto da non aver successo contro la matricola orobica?

Signori, nessuna meraviglia.

La meraviglia è piuttosto nostra, Giambattista Marino non c’entra, una meraviglia di quelle speciali miste a disdegno. Perché la Juve è una squadra imbattibile? Io vi dico di no. Affermo invece che la società ha meritato la stima degli sportivi e l’attuale organigramma ha risolto i problemi futuribili della squadra con acquisti giovani azzeccati. Ma il valore complessivo della truppa non è tale da consentire sogni vanagloriosi e l’abbandono, seppur contingente, di un impegno che deve essere totale sul piano degli entusiasmi  e della determinazione.

Se l’Atalanta sopravvive a Torino contro la Juve gatta ci cova. Va bene, parate grandiose di Pizzaballa, ma non basta. Pizzaballa è anziano ma erede del portiere volante; non per nulla fu Premio Combi in gioventù. Ha presa a tenaglia, esce bene. Ma un portiere non basta, da Zoff a Pizzaballa non c’è portiere cha da solo può fare risultato. La verità è che le ammucchiate orobiche non sospinsero il manipolo bianconero a cercare la via del gol attraverso girandole più tempestive ed aggiranti. L’ammucchiata fu generale, la Juventus smarrì la coordinazione dei suoi schemi e perse un punto. Conclusione? Le farò più oltre procedendo nell’indagine.

V’è intanto Italia Inghilterra e tutti scoprono la crisi di Bettega.

La scopre soprattutto lo scrivano della Bassa che ha capito tutto lui, che concepisce il calcio come l’ammucchiata dell’Atalanta; è cresciuto il calciatore medio italiano da non considerare un micco; né filibustieri né ignoranti molti calciatori italiani ispirano simpatia umana allo scrivano che si ispira alla giovinezza nei suoi giudizi. Noi andiamo a sederci in tribuna stampa per pontificare poi donare al volgo una prosa difficile per pochi intimi? Dovremmo andarci con umiltà per distinguere tra buoni e cattivi. Non c’è crisi di Bettega, può esserci stata una flessione contingente, nessun campione è un robot, anche Piola e Borel li conoscevano i momentacci. Li vissero, i giornalisti non se ne appropriarono crudelmente.

Un concetto mi va di esprimere sulla Nazionale dell’amico Bearzot. Va bene, le idee dell’Enzo furlan sono quelle giuste. La sua passione è macerata. Egli è l’erede del magistrale Pozzo. Epperò la Nazionale qualche volta dà alla testa dei suoi moschettieri; isola, toglie ogni altro interesse, e dopo la Nazionale il campionato può essere affrontato senza quei pungoli che invece occorrono, sono indispensabili ad una squadra come la Juve per essere la Juve degna del suo scudetto.

Il 20 novembre, alla ripresa, noi andiamo a riveder la Juve nella città di Sara Simeoni, e, se il lettore consente, di Romeo e Giulietta, la sospirosa città scespiriana della Arena.

Abbiamo faticato a riconoscere la Juventus. Avevamo nel cuore e nella mente la squadra di cento imprese, di Milano e di Magdeburgo, l’abbiamo ritrovata più elegantuccia e molto risoluta a giochizi e balistiche, ma senza la spinta corale, l’entusiasmo a momenti protervo, che le avevano consentito tanti successi. Io non ho dubbi. L’ho sempre detto agli amici bianconeri. La Juventus si è rilanciata con valori morali enormi, puntigliosi, con la serietà infrangibile che diparte dai suoi dirigenti ai quali mi sento vicino, perché li sento dirigenti, non fanno moine coi giornalisti, non usano particolarismi con nessuno, sono freddi semmai, in qualche momento impietosi, ma hanno dignità. Si parla tanto di stile juventino, e spesso se ne parla a capocchia. La dignità della Juventus è un fatto di costume. E’ dignità piemontese. La società nomata Juventus fa i fatti e attinge alla semplicità per progredire.

Qualcuno ha scritto che Virdis ha deluso contro il Verona. Più di Virdis contava la squadra. Se nel calcio mettessimo un solista retrodatato non caverebbe il ragno dal buco. In verità, la Juventus collettivo ha latitato in quella vicenda e la Juve non è andata oltre allo zero a zero. E’ esatto perciò opinare che questa squadra, anzi questo squadrone, debba mai guardarsi allo specchio e risolvere piuttosto le sue partite in un fatto di pertinenza contingente. Le intese debbono essere costanti. La Nazionale deve esaurirsi con la Nazionale e la Juventus tornare alla domenica, col piglio, la passione, la consapevolezza , che le hanno dato grandezza. Ed a questo proposito mi sento di dover dedicare a Causio, detto Brazil, un pistolotto elogiativo. Brazil dona alla squadra un senso di freschezza, la sua eleganza negli inserimenti col pallone, il suo cross da fondo illustrano il calcio italiano. Bisogna inoltre finirla con la storiella che non lotta. Lotta e come  il leccese, ha cuore e non fegatello di merluzzo. Bisogna dirgli bravo.

Furiafurinfuretto ha fatto le duecontocinquanta partite e procede. Un mediano così è stato, è, alla base della fortuna della Juventus. Furino è il cuore indomito della squadra. La sua semplicità e la sua fede. Ed io mi auguro che duri.

Mi auguro che duri e perduri anche Zoff bersagliato da ogni parte da critiche feroci. Un portiere adamantino come il furlan continua a dare il suo rendimento smentendo le cassandre coi fatti. Vige una legge per certo giornalismo. O esalta furiosamente o ferocemente denigra. Io non fui mai tenero con Zoff, essendo vecchio ed avendo visto portieri e portieroni, ma non ho mai trascurato la sua grandezza, che è assoluta, e ne fa uno dei più grandi portieri della storia del calcio.

E mi pare che nel mio libro “Juventus Juventus” ho trovato per Dino il paragone giusto. L’ho paragonato a quello scrittore che fece dei suoi talenti un tesoro: Fitzgerald Scott.

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